Da alcuni anni i mercati finanziari si trovano in una situazione eccezionale: la politica monetaria ultraespansiva delle banche centrali predominanti ha stravolto regole d’investimento finora valide. Ma uno dei principali ostacoli sulla via del successo negli investimenti non è la politica monetaria, bensì l’uomo stesso.
Dubbi sull’homo oeconomicus
La Behavioral Finance si occupa della psicologia degli investitori: al centro dell’attenzione vi sono gli azionisti come negoziatori e i loro tipici comportamenti. Si tratta di comprendere come vengono effettivamente prese le decisioni d’investimento e quali errori vengono costantemente commessi. Le conoscenze acquisite contraddicono la tesi più accreditata secondo la quale gli investitori sanno sempre come agire in modo efficiente e razionale. Il noto psicologo di borsa tedesco Joachim Goldberg afferma anche che la fede nell’homo oeconomicus, cioè nell’investitore che decide in modo razionale, dovrebbe essere abbandonata. L’investitore si fida principalmente del suo intuito, si scontra con i problemi più disparati e spesso porta alla rovina il suo successo negli investimenti. I sostenitori della Behavioral Finance fanno inoltre vacillare l’assunzione secondo la quale nei corsi sarebbero sempre presenti tutte le informazioni e che quindi i mercati sarebbero assolutamente efficienti.
La repressione finanziaria induce gli investitori a commettere ulteriori errori. Goldberg ne identifica due in particolare: molti risparmiatori se la sono cavata perché non hanno dovuto pagare interessi negativi. La decisione di ritirare il denaro dal conto viene ancora ritardata. D’altronde il vicino non otterrebbe nulla di più. Il fatto che considerando solo il tasso di rendimento reale si perderebbe già denaro, non viene svelato. Tuttavia la caccia al rendimento ha al contrario indotto a investimenti in strumenti sconosciuti all’investitore. Quindi non sarebbero decisivi l’entità del rischio e la capacità di sostenerlo, bensì unicamente il rendimento. Mentre quest’ultimo nel frattempo è notevolmente sceso, l’investitore deve correre un rischio molto elevato per ottenere i rendimenti a cui un tempo era abituato. Una troppo ridotta disponibilità al cambiamento è stata rilevata anche da Jérôme Zaugg, docente di Behavioral Finance della ZHAW di Winterthur. I clienti hanno lasciato il denaro su conti senza interessi. Ciò sarebbe particolarmente problematico per i fondi della previdenza libera. A questo si aggiunge il fatto che molti investitori avrebbero una piuttosto scarsa conoscenza finanziaria. Quindi non si sarebbe consapevoli del fatto che con interessi bassi è rapidamente aumentato il rischio di variazione dei tassi. Inoltre solo in pochi saprebbero di quanto si è ridotto, o che è quasi scomparso, l’effetto degli interessi composti.
Proprio per il fatto che la maggior parte degli investitori privati tiene le proprie obbligazioni fino alla scadenza, recuperandone il 100%, in sé per loro non ci dovrebbe essere la preoccupazione per le variazioni del corso e dello spread. I creditori tuttavia si confrontano trimestralmente con il cambiamento di valore nel deposito, e i consulenti patrimoniali devono rispondere del proprio operato. Ciò porta spesso allo svolgimento di attività non necessarie. La più recente crisi sul mercato azionario in Cina ha dimostrato quanti investitori «funzionano». Quando i corsi di cambio aumentavano, e per tutto il tempo dell’aumento, sempre più cinesi volevano salire sul treno in corsa. Tuttavia le analisi dimostrano che la conoscenza finanziaria degli investitori cinesi è ridotta: l’85% del volume di negoziazioni sul mercato del continente viene generato da privati, gli investimenti in azioni nel Regno di Mezzo non hanno quasi tradizione. I dati fondamentali vengono scarsamente considerati. La dice lunga il motto: «Il mio vicino vince, e le quotazioni sono più alte di ieri, è il momento di agire». E se per alcuni giorni o settimane si è tra i vincitori, ci si sente un investitore scaltro. Di quanto il rischio sia aumentato e quanto sia elevato il pericolo di contraccolpo sono informazioni che vengono nascoste.
In generale il principale problema sarebbe l’auto-sopravvalutazione degli investitori, afferma Jérôme Zaugg. È la stessa cosa che accade con gli automobilisti. Quando si interroga un gruppo sulla questione, la maggior parte dei membri afferma di essere un conducente superiore alla media. Nel caso degli investimenti questo aspetto si manifesterebbe, tra l’altro, con negoziazioni troppo frequenti e una diversificazione minima. Spesso ci si dimentica che per i movimenti a breve termine il mercato azionario non è sostenuto da fatti economici bensì dal morale. Le persone si sentono bene all’interno di gruppi e si muovono quindi in greggi. Si prendono come riferimento i «grandi» investitori e se ne copia il comportamento. Spesso gli investitori si fidano dei consigli di amici, colleghi di lavoro, consulenti alla clientela ed esperti dei media, ma dimenticano che anche questi fanno parte del gregge e si muovono nella stessa direzione.
Il dubbio come fedele compagno
Quando si prende una decisione, ad esempio si acquista un’azione, secondo Goldberg emergono subito anche i primi dubbi, si teme di avere fatto un passo falso. Contemporaneamente l’investitore inizia anche a ricostruire la realtà. Per proteggersi prende da subito in considerazione soltanto le informazioni che sembrano sostenere la sua decisione.
Se l’azione registra un aumento del 10%, la maggior parte degli investitori realizza l’utile anche se in precedenza l’obiettivo di quotazione era stato fissato a un incremento del 50%. Il partecipante medio di borsa, secondo Goldberg, non desidera conseguire utili troppo elevati. Preferirebbe ottenere utili più piuccoli ma più numerosi. In caso di perdita la situazione si ribalta immediatamente. L’investitore si rifiuta di realizzare perdite contabili. Mente a se stesso pensando: la perdita non è reale, ho ancora un margine di recupero. Il mezzo migliore per avere successo in borsa, secondo numerosi studi, è al contrario quello di limitare le perdite. In particolare con ordini stop loss. Se la strategia scelta non funziona, la si dovrebbe cambiare velocemente.
Gli investitori si lasciano ingannare anche dallo sviluppo temporale della performance: agli occhi di un investitore non è la stessa cosa se il titolo acquistato dapprima aumenta di CHF 30 e poi ne perde 25 oppure se dapprima perde CHF 25 sul valore di corso e poi aumenta di 30. Nel secondo caso l’utile percepito e la soddisfazione sono maggiori. Negli anni scorsi l’investimento passivo tramite fondi indicizzati (ETF) quotati è diventato molto alla moda. Si riduce quindi la tendenza alle cadute psicologiche, aggiunge Zaugg. Ma pure con questa strategia si potrebbe investire unilateralmente e molti investitori sottovalutano la volatilità che presentano anche gli ETF.
Tenere una scaletta e un diario
Ovunque sia presente il fattore umano vi è anche il rischio di cadute psicologiche. Queste, secondo Zaugg, possono colpire anche gli investitori professionisti. Nell’analisi e nella valutazione di dati economici e nella scelta di paesi, settori e titoli l’errore è in agguato. Le strategie per eliminare dal percorso le decisioni errate sono molte. Particolarmente utile sarebbe quella che prevede la redazione di una «scaletta degli investimenti», nella quale riportare indicazioni degli andamenti positivi e negativi, e a cui attenersi in modo coerente. In particolare essa riguarda gli obiettivi e i limiti di quotazione ma anche gli argomenti determinanti per un impegno.
Goldberg racconta di aver lavorato a lungo come negoziatore di titoli e di aver tenuto, in tale periodo, un «diario del negoziatore». In questo modo non sarebbe possibile modificare in un secondo momento le proprie motivazioni e gli obiettivi. Sarebbe una caratteristica solo umana il fatto che una persona che alla mattina ha detto qualcosa di sbagliato, per la propria salute mentale si corregge entro sera. Jérôme Zaugg si spinge ancora oltre e consiglia, per quanto possibile, di prediligere i sistemi automatici, che valutano razionalmente ed escludono i sentimenti umani.
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